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Vendita immobili sottocosto: la Cassazione legittima l’accertamento per maggior reddito

25 Gennaio 2021 in Notizie Fiscali

La Corte di Cassazione con Ordinanza n 26773 depositata il 25 novembre 2020 ha ritenuto legittima l'attività impositiva con cui viene rideterminato il reddito di una società, che aveva effettuato vendite immobiliari ad un prezzo inferiore rispetto ai costi di realizzazione degli immobili.

L'Agenzia delle Entrate ricalcolava le imposte sul reddito di una srl valutando una condotta antieconomica da parte della stessa società che aveva venduto immobili ad un prezzo inferiore al costo di costruzione degli stessi.

La società proponeva ricorso in CTP la quale annullava l'attività della Agenzia delle entrate che provvedeva a fare ricorso vedendoselo respinto dalla CTR in linea con i colleghi della provinciale. Le due commissioni interpellate avevano ritenuto l'avviso di accertamento non supportato da prove.

L'agenzia delle entrate proponeva ricorso in Cassazione vedendosi accogliere, con l'ordinanza in argomento, le proprie ragioni.

In particolare, nel pronunciarsi, la suprema corte faceva riferimento a precedente provvedimento del 2017 ossia alla sentenza n 25257 in tema di antieconomicità.

Tale sentenza contiene un principio basilare che si riporta di seguito:

“nel giudizio tributario, una volta contestata dall'Erario l'antieconomicità di una operazione posta in essere dal contribuente che sia imprenditore commerciale, perché basata su contabilità complessivamente inattendibile in quanto contrastante con i criteri di ragionevolezza, diviene onere del contribuente stesso dimostrare la liceità fiscale della suddetta operazione ed il giudice tributario non può, al riguardo, limitarsi a constatare la regolarità della documentazione cartacea”.

La giurisprudenza prevalente ritiene che i comportamenti “antieconomici” costituiscono un elemento tale da richiedre al privato un onere di argomentazione, da assolvere con spiegazioni credibili, attendibili e realistiche, delle apparenti discrepanze.

In sostanza, la giurisprudenza, prescindendo dalla regolarità contabile o meno, non fa altro che applicare il principio di ragionevolezza, ritenendo, appunto, irragionevole che un'attività economica, se non sussistano validi giustificativi, non persegua il lucro, ossia il fine stesso per cui è stata costituita.

La suprema corte osserva che nell'ambito delle imposte sui redditi, la valutazione di anti economicità/incongruità dell'operazione consente all’Agenzia delle Entrate di esercitare il potere di accertamento, ex articolo 39, comma 1, Dpr n. 600/1973, in base alla massima di esperienza strettamente collegata al fine di lucro immanente nell'attività economica, secondo cui chiunque svolga un'attività economica ordinariamente indirizzi le proprie condotte verso una riduzione dei costi e una massimizzazione dei profitti (cfr Cassazione n. 9084/2017 e n. 26036/2015).

La Corte ha osservato che a prezzi troppo bassi possano far presumere redditi occultati. Una volta dimostrata l'antieconomicità del comportamento imprenditoriale è consentito dubitare della veridicità delle operazioni dichiarate e desumere, sulla base di presunzioni semplici, purché gravi, precise e concordanti, il reddito occultato mentre l'onere di prova contraria spetta al contribuente (cf., in questo senso, Cassazione, pronuncia n. 25257/2017).

A conclusione di quanto premesso la Cassazione ha ritenuto che nel caso specifico non solo non è possibile escludere l'antieconomicità della condotta della srl se un immobile viene venduto a un prezzo più basso del suo costo di costruzione ma tale condotta viene anche avvalorata dal fatto che la società aveva successivamente venduto le abitazioni a un prezzo superiore e la perdita generata con la vendita sottocosto, aveva consentito alla steessa di dichiarare l'anno successivo un reddito pari a zero e di riportare la perdita negli anni successivi.

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